• leonardo da vinci venezia - image 11

    title: Calcolatrice meccanica Museo scienza tecnologia Milano 05761

    artist:

    Poleni Giovanni (inventore)

    date: between 1959 and 1959

    date QS:P571,+1959-00-00T00:00:00Z/10,P1319,+1959-00-00T00:00:00Z/9,P1326,+1959-00-00T00:00:00Z/9

    current location: institution:Museoscienza

    source: Museoscienza|idk=ST120-00190 [[Category:Calculus and informatics collection in the Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia (Milan)]] [[Category:Mechanical calculators in the Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia (Milan)]]

    credit: Catalogo collezioni (in it). Museoscienza.org. Museo nazionale della scienza e della tecnologia leonardo da vinci, Milano.

    description: La macchina presenta un telaio aperto in legno, terminante sulla sommità con una cimasa. Il lato anteriore della macchina presenta una piastra quadrata fissata al telaio in modo tale che la diagonale del quadrato sia parallela alla base della macchina. Al centro della piastra è inserito un quadrante scanalato circolare, suddiviso in nove sezioni uguali, numerate da 1 a 9; in corrispondenza di ogni numero vi è un foro all'interno del quale è fa infilare il piolo che blocca il movimento della manovella posta al centro del quadrante. Al di sopra della piastra quadrata si trova il totalizzatore composto da sei quadranti circolari disposti ad arco, ognuno dei quali presenta due finestrelle per la visualizzazione del numeratore. Al di sopra del numeratore si trova un'altra manovella che comanda, attraverso le tre ruote dentate situate sul lato posteriore, lo spostamento degli ingranaggi per la selezione del numeratore nelle operazioni di moltiplicazione e divisione. L'elemento centrale della macchina è costituito dal traspositore a ruota con numero variabile di denti, ovvero una ruota i cui denti sono spostabili manualmente in modo tale da permettere la selezione della ruota dentata del numeratore da ingranare. Il funzionamento della macchina è azionato da un motore a peso, costituito da una corda, avvolta su un cilindro, alla quale è appeso un peso per mezzo di un sistema di pulegge.

    Funzione

    Esecuzione di calcoli e operazioni matematiche

    Modalità d'uso

    Caricare il motore a peso avvolgendo la corda sul cilindro. Impostare la cifra da operare utilizzando il piolo da infilare nei fori del quadrante e la manovella sul quadrante. Selezionare manualmente i denti del traspositore per l'impostazione delle rotelle dei totalizzatori da ingranare. La file superiore delle finestrelle dei quadranti serve per le addizioni e le moltiplicazioni; la fila inferiore serve invece per la sottrazioni e le divisioni. Liberare la caduta del peso. La macchina può compiere le operazioni su numeri al massimo di tre cifre.

    Notizie storico-critiche
    Nella storia dell'automazione del calcolo, la macchina di Poleni segue cronologicamente i precedenti congegni di Pascal (1642) e Leibniz (1694), sebbene Poleni non avesse una conoscenza diretta di questi congegni. Dal punto di vista tecnico, la macchina di Poleni segna il passaggio dall'addizionatrice alla calcolatrice; la sostanziale differenza consiste nell'introduzione di un organo meccanico, detto traspositore, che consente l'automazione della moltiplicazione attraverso la memorizzazione del fattore sul numeratore, evitando la necessità della continua impostazione del numero. Già Leibniz aveva adoperato nella propria macchina un traspositore costituito da un pignone con denti di diversa lunghezza; Poleni invece elabora un traspositore formato da una ruota con numero variabile di denti, principio che verrà ripreso più avanti da altre macchine come la Brunswiga del 1892 La macchina di Poleni inoltre si differenzia dai dispositivi precedenti per il tentativo di rendere automatico anche il funzionamento: grazie al motore a peso infatti, Poleni ha limitato l'intervento umano alla sola impostazione del calcolo, lasciando alla macchina l'esecuzione del lavoro. L'originale macchina di Poleni è andata perduta, pare distrutta dallo inventore stesso. Questo esemplare è una ricostruzione basata sulla dettagliata descrizione apparsa nel volume "Miscellanea", pubblicato da Poleni a venezia nel 1709.

    license:CC BY-SA 4.0

  • leonardo da vinci venezia - image 22

    title: Automobile Museo scienza tecnologia Milano 03054

    artist:

    Alfa Romeo (costruttore), Jano Vittorio (progettista), Zagato & C. (costruttore)

    date: between 1932 and 1932

    date QS:P571,+1932-00-00T00:00:00Z/10,P1319,+1932-00-00T00:00:00Z/9,P1326,+1932-00-00T00:00:00Z/9

    current location: institution:Museoscienza

    source: Museoscienza|idk=ST120-00419

    credit: Catalogo collezioni (in it). Museoscienza.org. Museo nazionale della scienza e della tecnologia leonardo da vinci, Milano.

    description: Autovettura sportiva con carrozzeria spider ed ampi parafanghi anteriori e posteriori, verniciata di colore rosso venezia; una capottina in tela a scomparsa è presente per la copertura dell'abitacolo. La carrozzeria comprende un vano motore anteriore, apribile su entrambi i lati, chiuso anteriormente da una calandra con rifiniture cromate. La vettura presenta due fanali anteriori, posti ai lati del radiatore e un fanalino di coda sul parafango sinistro. Il veicolo è equipaggiato con un motore ad 8 cilindri in linea, divisi in due monoblocchi sistemati uno di fila all'altro; il sistema di distribuzione è regolato da due alberi a camme azionati a cascata di ingranaggi, posta al centro dei due semiblocchi. L'alimentazione comprende un sistema di sovralimentazione costituito da un compressore volumetrico di tipo Roots. La trasmissione è basata su un frizione a secco a dischi multipli e su un cambio a quattro marce e retromarcia, comandato dalla leva centrale. Nella parte posteriore del veicolo si trova un piccolo vano portatta oggetti contenente le batterie per aviamento, nella parte esterna sono alloggiate le due ruote di scorta Il veicolo utilizza ruote a raggi tangenti con pneumatici Pirelli Stella Bianca, montate su sospensioni ad assale rigido con balestre longitudinali semiellittiche e ammortizzatori a frizione regolabili dall'abitacolo L'impianto frenante consiste in quattro freni a tamburo, con comando meccanico a pedale. L'abitacolo a due posti è situato in posizione posteriore rispetto al motore e comprende un sedile e rivestimenti interni in pelle di color marrone biscotto; il posto di guida, a destra, dispone di un cruscotto dotato dei quattro quadranti del tachimetro/contachilometri, del contatore del numero di giri, del manometro dell'olio e dell'indicatore del livello di benzina. L'abitacolo è protetto anterioremente da un parabrezza in vetro pieghevole, al quale è possibile agganciare la capottina quando è aperta.


    Notizie storico-critiche
    Questa potente e velocissima vettura ha avuto la particolarità di poter essere utilizzata sia come auto da gran turismo sia in versione da competizione. La 8c2300 è stata pilotata dai più grandi corridori dell'epoca, tra cui Nuvolari, Borzacchini, Brivio, Chinetti, Campari ed è stata vincitrice di tutte le principali gare su strada e su pista: dalla Mille Miglia, al G.P. d'Italia, alla 24 ore di Le Mans, al G.P. Monaco L'Alfa Romeo 8c 2300 è progettata da Vittorio Jano nel 1930 ed è una delle più prestigiose supercar della casa automobilistica di Arese Il nome deriva dal fatto che il motore è un 8 cilindri per una cilindrata complessiva di 2300cc Queste vetture furono prodotte in 195 esemplari, suddivisi in tre serie oltre ad una serie speciale per la Scuderia Ferrari. Nel 1932 il solo autotelaio costava 91.000 lire, l'equivalente di 10 balilla spider, a cui bisognava aggiungere i costi per realizzare la carrozzeria che spesso portavano a raddoppiare la spesa La casa madre forniva al cliente il telaio, che era disponibile in tre differenti varianti (telaio lungo, telaio corto o telaio Monza) con l'allestimento meccanico (avantreno, motore, cambio, trasmissione, retrotreno, serbatoio del carburante e ruote ). Mentre l'allestimento della carrozzeria e degli interni erano lasciati al gusto del cliente che si rivolgeva a carrozzieri specializzati Queste vetture sono classificate come delle one-off ovvero automobili costruite in esemplari unici che assecondano le esigenze tecniche ed estetiche del cliente. Spesso le 8C2300 furono affidate a grandi carrozzerie di Milano quali le carrozzerie Touring, Castagna e Zagato Allo scoppio della seconda guerra mondiale molti esemplari di questo modello di Alfa Romeo si trovavano in Europa, per cui alcune di queste preziose vetture andarono perdute. Delle 50 automobili 8c2300 prodotte della prima serie, solo 27 esistono ancora e sono oggetto di interesse per collezionisti ed appassionati Questo esemplare di 8c2300 spider con telaio corto e carrozzeria Zagato entra a far parte delle collezioni del Museo nel 1959, a seguito della donazione da parte dell'ing. Giorgio Sisini (fondatore del periodico La Settimana Enigmistica). La vettura esce per la prima volta dallo stabilimento dell'Alfa Romeo il 19 febbraio 1932, viene venduta a Leandro Arpinati di Roma per 91.000 lire, che la immatricola con la targa Roma 30065. Nel luglio del 1933 viene rivenduta all'Alfa Romeo per 50.000 lire e reimmatricolata con la targa MI 31776. Il 19 settembre 1933 viene acquistata da Eugenio Caminada di Genova. Il 10 settembre del 1934 torna di proprietà di Alfa Romeo che la rivenderà un mese dopo a Giorgio Sisini che la reimmatricolerà con la targa MI 31776.

    license:CC BY-SA 4.0

  • leonardo da vinci venezia - image 33

    title: Pietra litografica Museo scienza tecnologia Milano 11307

    artist:

    S.A.F.F.A. (committente)

    date: between 1898 and 1925

    date QS:P571,+1500-00-00T00:00:00Z/6,P1319,+1898-00-00T00:00:00Z/9,P1326,+1925-00-00T00:00:00Z/9

    current location: institution:Museoscienza

    source: Museoscienza|idk=ST110-00736

    credit: Catalogo collezioni (in it). Museoscienza.org. Museo nazionale della scienza e della tecnologia leonardo da vinci, Milano.

    description: Pietra calcarea con superficie levigata e pareti ruvide. La superficie liscia è litografata. La pietra è sistemata su un espositore in legno La superficie litografata è suddivisa il 12 riquadri delle dimensioni delle etichette per le scatole di fiammiferi per le quali venivano stampate Le immagini rappresentano giovani donne e bambini che giocano nella neve.

    Funzione

    Pietra utilizzata come matrice da stampa. Utilizzata in torchio litografico. Utilizzata per stampare le immagini che venivano poi poste sulle scatole di fiammiferi della "S. A. Fabbriche Riunite Fiammiferi"

    Notizie storico-critiche
    La litografia è un procedimento di stampa con matrice in piano e venne elaborata da Alois Senefelder nel 1796 La tecnica consiste nel prendere una pietra calcarea (quindi porosa) compatta e omogenea, di spessore sufficiente affinché non si rompa durante l'uso del torchio per la stampa. Si leviga la superficie e si disegna, al contrario, l'immagine che si vuole stampare utilizzando una matita litografica composta da sostanze grasse o più in generale un inchiostro litografico con le stesse caratteristiche. Il carbonato di calcio che costituisce la pietra trattiene i grassi. Finito il disegno si sottopone la pietra ad un trattamento acido-gommoso (con un liquido detto "preparazione" costituito da acido nitrico, gomma arabica acidificata e acqua) che trasforma le parti della pietra non protette dall'inchiostro gommoso in nitrato di calcio, sostanza idrofila (che respinge l'acqua). Circa 24 ore dopo, con la trementina si toglie l'inchiostro litografico e con esso il disegno. La superficie della pietra non presenta né abrasioni né incisioni (matrice in piano) perché si è agito sulla struttura chimica della superficie. La matrice è pronta per la stampa. Si posiziona la matrice nel torchio litografico, si bagna, si inchiostra con un rullo di caucciù: l'inchiostro aderisce dove è rimasto il carbonato di calcio ovvero dove c'era il disegno e non dove c'è la sola pietra bagnata (nitrato di calcio). Si posiziona il foglio da stampare, si sovrappongono altri fogli ed un cartone e si comprime. Al termine si toglie il foglio e si mette ad asciugare. Il disegno prende la grana della pietra litografica che è più fine della grana del foglio di carta che si avrebbe se si disegnasse direttamente a mano. Successivamente Senefelder inventò anche il metodo autografico che permetteva di disegnare dritto e non alla rovescia La tecnica litografica permise di allargare il numero di artisti che potessero creare le matrici da stampa (con la tecnica incisoria molti meno erano in grado di realizzarle) e rese possibile la stampa a colori (cromolitografia) inventata da Godefroy Engelmann nel 1837 e utilizzata fino agli anni '40 del XX secolo. Inoltre con matrici litografiche era possibile stampare un numero di copie molto più alto che con matrici, ad esempio, ad acquaforte. Tecnica molto utilizzata per libri illustrati e per riproduzione di opere d'arte. In Italia la tecnica litografica viene introdotta attorno al 1805, a Roma, da G. Dall'Armi. Intorno al 1840 la lastra di pietra viene sostituita da una lastra di zinco o alluminio, materiali porosi, che permette l'uso di macchine pianocilindriche per la stampa. Un ulteriore sviluppo sarà poi la fotolitografia in cui si stampa un'immagine fotografica su una lastra di zinco sensibilizzata e poi si procede al trattamento chimico e quindi alla stampa Oggi la litografia è utilizzata in forme gestite da sistemi elettronici nella fabbricazione di circuiti integrati e di altri dispositivi a semiconduttori (litografia ottica, litografia a raggi X e a fascio elettronico) Questa pietra litografica era utilizzata dalla De' Medici di Magenta, già confluita nella S.A.F.F.A., per stampare le etichette da apporre sulle scatole dei cerini. Fu utilizzata fino a circa il 1925/1930 La produzione di fiammiferi iniziò in Italia nel 1828 con la fabbrica di cerini (dal 1835) e fiammiferi di S. Valobra a Napoli. Nacquero poi molti altri stabilimenti in tutta Italia, tra i quali il più grande quello di proprietà di Giacomo De' Medici di Magenta (con sede a Milano), fondato intorno al 1870. Nel 1895, a causa delle spese sostenute per la Guerra d'Etiopia, l'Italia introdusse nuove imposte di fabbricazione sui fiammiferi. Giacomo De' Medici, per contrastare questi aumenti, fondò la "Società Anonima Fabbriche Riunite Fiammiferi" insieme ad altre dodici società del nord e centro Italia: Boschiero e Castaldi di Asti, Schiavoni e Ponzielli di Jesi, Pizzoli & Figli di Bologna, Bartolucci G. di Empoli, R. Ravegnani di Rimini, Luigi De' Medici di Piobesi Torinese, Causemille e Roche di Torino, Abbona e Romagna di Moncalieri, F.lli Taddei di Fucecchio, Giacomo De' Medici, Ambrogio Dellachà di Moncalieri, Baschiera Luigi di venezia, L. De Antoni & C. di Este. Questa fusione diede vita, 31 Dicembre 1898, alla S.A.F.F.A. (Società Anonima Fabbriche di Fiammiferi e Affini). Le altre piccole aziende non riuscirono a sopravvivere molto a lungo Sin dall'invenzione dei fiammiferi, iniziò la personalizzazione degli astucci per contenerli. Nel corso dell'800 iniziò anche una forma di collezionismo delle scatole dei fiammiferi con le loro etichette colorate e disegnate poi sostituite da pubblicità di prodotti, immagini per le Esposizioni Universali, immagini della Belle Epoque, ecc. La diffusione della cromolitografia diede poi inizio alla produzione di scatole con figurine a colori in serie.

    license:CC BY-SA 4.0

  • leonardo da vinci venezia - image 44

    title: Pietra litografica Museo scienza tecnologia Milano 11308

    artist:

    S.A.F.F.A. (committente)

    date: between 1898 and 1925

    date QS:P571,+1500-00-00T00:00:00Z/6,P1319,+1898-00-00T00:00:00Z/9,P1326,+1925-00-00T00:00:00Z/9

    current location: institution:Museoscienza

    source: Museoscienza|idk=ST110-00737

    credit: Catalogo collezioni (in it). Museoscienza.org. Museo nazionale della scienza e della tecnologia leonardo da vinci, Milano.

    description: Pietra calcarea con superficie levigata e pareti ruvide. La superficie liscia è litografata. La pietra è sistemata su un espositore in legno La superficie litografata è suddivisa il 12 riquadri delle dimensioni delle etichette per le scatole di fiammiferi per le quali venivano stampate Le immagini rappresentano ritratti di giovani donne con varie acconciature e giovani donne afigura intera con vestiti dell'epoca.

    Funzione

    Pietra utilizzata come matrice da stampa. Utilizzata in torchio litografico. Utilizzata per stampare le immagini che venivano poi poste sulle scatole di fiammiferi della "S. A. Fabbriche Riunite Fiammiferi"

    Notizie storico-critiche
    La litografia è un procedimento di stampa con matrice in piano e venne elaborata da Alois Senefelder nel 1796 La tecnica consiste nel prendere una pietra calcarea (quindi porosa) compatta e omogenea, di spessore sufficiente affinché non si rompa durante l'uso del torchio per la stampa. Si leviga la superficie e si disegna, al contrario, l'immagine che si vuole stampare utilizzando una matita litografica composta da sostanze grasse o più in generale un inchiostro litografico con le stesse caratteristiche. Il carbonato di calcio che costituisce la pietra trattiene i grassi. Finito il disegno si sottopone la pietra ad un trattamento acido-gommoso (con un liquido detto "preparazione" costituito da acido nitrico, gomma arabica acidificata e acqua) che trasforma le parti della pietra non protette dall'inchiostro gommoso in nitrato di calcio, sostanza idrofila (che respinge l'acqua). Circa 24 ore dopo, con la trementina si toglie l'inchiostro litografico e con esso il disegno. La superficie della pietra non presenta né abrasioni né incisioni (matrice in piano) perché si è agito sulla struttura chimica della superficie. La matrice è pronta per la stampa. Si posiziona la matrice nel torchio litografico, si bagna, si inchiostra con un rullo di caucciù: l'inchiostro aderisce dove è rimasto il carbonato di calcio ovvero dove c'era il disegno e non dove c'è la sola pietra bagnata (nitrato di calcio). Si posiziona il foglio da stampare, si sovrappongono altri fogli ed un cartone e si comprime. Al termine si toglie il foglio e si mette ad asciugare. Il disegno prende la grana della pietra litografica che è più fine della grana del foglio di carta che si avrebbe se si disegnasse direttamente a mano. Successivamente Senefelder inventò anche il metodo autografico che permetteva di disegnare dritto e non alla rovescia La tecnica litografica permise di allargare il numero di artisti che potessero creare le matrici da stampa (con la tecnica incisoria molti meno erano in grado di realizzarle) e rese possibile la stampa a colori (cromolitografia) inventata da Godefroy Engelmann nel 1837 e utilizzata fino agli anni '40 del XX secolo. Inoltre con matrici litografiche era possibile stampare un numero di copie molto più alto che con matrici, ad esempio, ad acquaforte. Tecnica molto utilizzata per libri illustrati e per riproduzione di opere d'arte. In Italia la tecnica litografica viene introdotta attorno al 1805, a Roma, da G. Dall'Armi. Intorno al 1840 la lastra di pietra viene sostituita da una lastra di zinco o alluminio, materiali porosi, che permette l'uso di macchine pianocilindriche per la stampa. Un ulteriore sviluppo sarà poi la fotolitografia in cui si stampa un'immagine fotografica su una lastra di zinco sensibilizzata e poi si procede al trattamento chimico e quindi alla stampa Oggi la litografia è utilizzata in forme gestite da sistemi elettronici nella fabbricazione di circuiti integrati e di altri dispositivi a semiconduttori (litografia ottica, litografia a raggi X e a fascio elettronico) Questa pietra litografica era utilizzata dalla De' Medici di Magenta, già confluita nella S.A.F.F.A., per stampare le etichette da apporre sulle scatole dei cerini. Fu utilizzata fino a circa il 1925/1930 La produzione di fiammiferi iniziò in Italia nel 1828 con la fabbrica di cerini (dal 1835) e fiammiferi di S. Valobra a Napoli. Nacquero poi molti altri stabilimenti in tutta Italia, tra i quali il più grande quello di proprietà di Giacomo De' Medici di Magenta (con sede a Milano), fondato intorno al 1870. Nel 1895, a causa delle spese sostenute per la Guerra d'Etiopia, l'Italia introdusse nuove imposte di fabbricazione sui fiammiferi. Giacomo De' Medici, per contrastare questi aumenti, fondò la "Società Anonima Fabbriche Riunite Fiammiferi" insieme ad altre dodici società del nord e centro Italia: Boschiero e Castaldi di Asti, Schiavoni e Ponzielli di Jesi, Pizzoli & Figli di Bologna, Bartolucci G. di Empoli, R. Ravegnani di Rimini, Luigi De' Medici di Piobesi Torinese, Causemille e Roche di Torino, Abbona e Romagna di Moncalieri, F.lli Taddei di Fucecchio, Giacomo De' Medici, Ambrogio Dellachà di Moncalieri, Baschiera Luigi di venezia, L. De Antoni & C. di Este. Questa fusione diede vita, 31 Dicembre 1898, alla S.A.F.F.A. (Società Anonima Fabbriche di Fiammiferi e Affini). Le altre piccole aziende non riuscirono a sopravvivere molto a lungo Sin dall'invenzione dei fiammiferi, iniziò la personalizzazione degli astucci per contenerli. Nel corso dell'800 iniziò anche una forma di collezionismo delle scatole dei fiammiferi con le loro etichette colorate e disegnate poi sostituite da pubblicità di prodotti, immagini per le Esposizioni Universali, immagini della Belle Epoque, ecc. La diffusione della cromolitografia diede poi inizio alla produzione di scatole con figurine a colori in serie.

    license:CC BY-SA 4.0

  • leonardo da vinci venezia - image 55

    title: Pietra litografica Museo scienza tecnologia Milano 11309

    artist:

    Barabino & Graeve (produttore), S.A.F.F.A. (committente)

    date: between 1909 and 1925

    date QS:P571,+1950-00-00T00:00:00Z/7,P1319,+1909-00-00T00:00:00Z/9,P1326,+1925-00-00T00:00:00Z/9

    current location: institution:Museoscienza

    source: Museoscienza|idk=ST110-00738

    credit: Catalogo collezioni (in it). Museoscienza.org. Museo nazionale della scienza e della tecnologia leonardo da vinci, Milano.

    description: Pietra calcarea con superficie levigata e pareti ruvide. La superficie liscia è litografata. La pietra è sistemata su un espositore in legno La superficie litografata è suddivisa il 12 riquadri delle dimensioni delle etichette per le scatole di fiammiferi per le quali venivano stampate Le immagini nelle colonne esterne rappresentano quattro graduati militari e un civile e un gruppo di bandiere, quelle interne rappresentano soldati di diversi corpi militari a figura intera.

    Funzione

    Pietra utilizzata come matrice da stampa. Utilizzata in torchio litografico. Utilizzata per stampare le immagini che venivano poi poste sulle scatole di fiammiferi della "S. A. Fabbriche Riunite Fiammiferi"

    Notizie storico-critiche
    La litografia è un procedimento di stampa con matrice in piano e venne elaborata da Alois Senefelder nel 1796 La tecnica consiste nel prendere una pietra calcarea (quindi porosa) compatta e omogenea, di spessore sufficiente affinché non si rompa durante l'uso del torchio per la stampa. Si leviga la superficie e si disegna, al contrario, l'immagine che si vuole stampare utilizzando una matita litografica composta da sostanze grasse o più in generale un inchiostro litografico con le stesse caratteristiche. Il carbonato di calcio che costituisce la pietra trattiene i grassi. Finito il disegno si sottopone la pietra ad un trattamento acido-gommoso (con un liquido detto "preparazione" costituito da acido nitrico, gomma arabica acidificata e acqua) che trasforma le parti della pietra non protette dall'inchiostro gommoso in nitrato di calcio, sostanza idrofila (che respinge l'acqua). Circa 24 ore dopo, con la trementina si toglie l'inchiostro litografico e con esso il disegno. La superficie della pietra non presenta né abrasioni né incisioni (matrice in piano) perché si è agito sulla struttura chimica della superficie. La matrice è pronta per la stampa. Si posiziona la matrice nel torchio litografico, si bagna, si inchiostra con un rullo di caucciù: l'inchiostro aderisce dove è rimasto il carbonato di calcio ovvero dove c'era il disegno e non dove c'è la sola pietra bagnata (nitrato di calcio). Si posiziona il foglio da stampare, si sovrappongono altri fogli ed un cartone e si comprime. Al termine si toglie il foglio e si mette ad asciugare. Il disegno prende la grana della pietra litografica che è più fine della grana del foglio di carta che si avrebbe se si disegnasse direttamente a mano. Successivamente Senefelder inventò anche il metodo autografico che permetteva di disegnare dritto e non alla rovescia La tecnica litografica permise di allargare il numero di artisti che potessero creare le matrici da stampa (con la tecnica incisoria molti meno erano in grado di realizzarle) e rese possibile la stampa a colori (cromolitografia) inventata da Godefroy Engelmann nel 1837 e utilizzata fino agli anni '40 del XX secolo. Inoltre con matrici litografiche era possibile stampare un numero di copie molto più alto che con matrici, ad esempio, ad acquaforte. Tecnica molto utilizzata per libri illustrati e per riproduzione di opere d'arte. In Italia la tecnica litografica viene introdotta attorno al 1805, a Roma, da G. Dall'Armi. Intorno al 1840 la lastra di pietra viene sostituita da una lastra di zinco o alluminio, materiali porosi, che permette l'uso di macchine pianocilindriche per la stampa. Un ulteriore sviluppo sarà poi la fotolitografia in cui si stampa un'immagine fotografica su una lastra di zinco sensibilizzata e poi si procede al trattamento chimico e quindi alla stampa Oggi la litografia è utilizzata in forme gestite da sistemi elettronici nella fabbricazione di circuiti integrati e di altri dispositivi a semiconduttori (litografia ottica, litografia a raggi X e a fascio elettronico) Questa pietra litografica era utilizzata dalla Dellachà di Moncalieri, già confluita nella S.A.F.F.A., per stampare le etichette da apporre sulle scatole dei cerini. Fu utilizzata fino a circa il 1925/1930 La produzione di fiammiferi iniziò in Italia nel 1828 con la fabbrica di cerini (dal 1835) e fiammiferi di S. Valobra a Napoli. Nacquero poi molti altri stabilimenti in tutta Italia, tra i quali il più grande quello di proprietà di Giacomo De' Medici di Magenta (con sede a Milano), fondato intorno al 1870. Nel 1895, a causa delle spese sostenute per la Guerra d'Etiopia, l'Italia introdusse nuove imposte di fabbricazione sui fiammiferi. Giacomo De' Medici, per contrastare questi aumenti, fondò la "Società Anonima Fabbriche Riunite Fiammiferi" insieme ad altre dodici società del nord e centro Italia: Boschiero e Castaldi di Asti, Schiavoni e Ponzielli di Jesi, Pizzoli & Figli di Bologna, Bartolucci G. di Empoli, R. Ravegnani di Rimini, Luigi De' Medici di Piobesi Torinese, Causemille e Roche di Torino, Abbona e Romagna di Moncalieri, F.lli Taddei di Fucecchio, Giacomo De' Medici, Ambrogio Dellachà di Moncalieri, Baschiera Luigi di venezia, L. De Antoni & C. di Este. Questa fusione diede vita, 31 Dicembre 1898, alla S.A.F.F.A. (Società Anonima Fabbriche di Fiammiferi e Affini). Le altre piccole aziende non riuscirono a sopravvivere molto a lungo Sin dall'invenzione dei fiammiferi, iniziò la personalizzazione degli astucci per contenerli. Nel corso dell'800 iniziò anche una forma di collezionismo delle scatole dei fiammiferi con le loro etichette colorate e disegnate poi sostituite da pubblicità di prodotti, immagini per le Esposizioni Universali, immagini della Belle Epoque, ecc. La diffusione della cromolitografia diede poi inizio alla produzione di scatole con figurine a colori in serie.

    license:CC BY-SA 4.0

  • leonardo da vinci venezia - image 66

    title: Pietra litografica Museo scienza tecnologia Milano 11311

    artist:

    S.A.F.F.A. (committente)

    date: between 1898 and 1925

    date QS:P571,+1500-00-00T00:00:00Z/6,P1319,+1898-00-00T00:00:00Z/9,P1326,+1925-00-00T00:00:00Z/9

    current location: institution:Museoscienza

    source: Museoscienza|idk=ST110-00740

    credit: Catalogo collezioni (in it). Museoscienza.org. Museo nazionale della scienza e della tecnologia leonardo da vinci, Milano.

    description: Pietra calcarea con superficie levigata e pareti ruvide. La superficie liscia è litografata. La pietra è sistemata su un espositore in legno La superficie litografata è suddivisa il 12 riquadri delle dimensioni delle etichette per le scatole di fiammiferi per le quali venivano stampate Le immagini sulle colonne esterne rappresentano ritratti di giovani donne con cappello e fiori. Quelle centrali gruppi di bambini occupati in varie attività di gioco nella neve o di raccolta di fiori in un prato.

    Funzione

    Pietra utilizzata come matrice da stampa. Utilizzata in torchio litografico. Utilizzata per stampare le immagini che venivano poi poste sulle scatole di fiammiferi della "S. A. Fabbriche Riunite Fiammiferi"

    Notizie storico-critiche
    La litografia è un procedimento di stampa con matrice in piano e venne elaborata da Alois Senefelder nel 1796 La tecnica consiste nel prendere una pietra calcarea (quindi porosa) compatta e omogenea, di spessore sufficiente affinché non si rompa durante l'uso del torchio per la stampa. Si leviga la superficie e si disegna, al contrario, l'immagine che si vuole stampare utilizzando una matita litografica composta da sostanze grasse o più in generale un inchiostro litografico con le stesse caratteristiche. Il carbonato di calcio che costituisce la pietra trattiene i grassi. Finito il disegno si sottopone la pietra ad un trattamento acido-gommoso (con un liquido detto "preparazione" costituito da acido nitrico, gomma arabica acidificata e acqua) che trasforma le parti della pietra non protette dall'inchiostro gommoso in nitrato di calcio, sostanza idrofila (che respinge l'acqua). Circa 24 ore dopo, con la trementina si toglie l'inchiostro litografico e con esso il disegno. La superficie della pietra non presenta né abrasioni né incisioni (matrice in piano) perché si è agito sulla struttura chimica della superficie. La matrice è pronta per la stampa. Si posiziona la matrice nel torchio litografico, si bagna, si inchiostra con un rullo di caucciù: l'inchiostro aderisce dove è rimasto il carbonato di calcio ovvero dove c'era il disegno e non dove c'è la sola pietra bagnata (nitrato di calcio). Si posiziona il foglio da stampare, si sovrappongono altri fogli ed un cartone e si comprime. Al termine si toglie il foglio e si mette ad asciugare. Il disegno prende la grana della pietra litografica che è più fine della grana del foglio di carta che si avrebbe se si disegnasse direttamente a mano. Successivamente Senefelder inventò anche il metodo autografico che permetteva di disegnare dritto e non alla rovescia La tecnica litografica permise di allargare il numero di artisti che potessero creare le matrici da stampa (con la tecnica incisoria molti meno erano in grado di realizzarle) e rese possibile la stampa a colori (cromolitografia) inventata da Godefroy Engelmann nel 1837 e utilizzata fino agli anni '40 del XX secolo. Inoltre con matrici litografiche era possibile stampare un numero di copie molto più alto che con matrici, ad esempio, ad acquaforte. Tecnica molto utilizzata per libri illustrati e per riproduzione di opere d'arte. In Italia la tecnica litografica viene introdotta attorno al 1805, a Roma, da G. Dall'Armi. Intorno al 1840 la lastra di pietra viene sostituita da una lastra di zinco o alluminio, materiali porosi, che permette l'uso di macchine pianocilindriche per la stampa. Un ulteriore sviluppo sarà poi la fotolitografia in cui si stampa un'immagine fotografica su una lastra di zinco sensibilizzata e poi si procede al trattamento chimico e quindi alla stampa Oggi la litografia è utilizzata in forme gestite da sistemi elettronici nella fabbricazione di circuiti integrati e di altri dispositivi a semiconduttori (litografia ottica, litografia a raggi X e a fascio elettronico) Questa pietra litografica era utilizzata da una delle aziende produttrici di fiammiferi confluita nella S.A.F.F.A., per stampare le etichette da apporre sulle scatole dei cerini. Fu utilizzata fino a circa il 1925/1930 La produzione di fiammiferi iniziò in Italia nel 1828 con la fabbrica di cerini (dal 1835) e fiammiferi di S. Valobra a Napoli. Nacquero poi molti altri stabilimenti in tutta Italia, tra i quali il più grande quello di proprietà di Giacomo De' Medici di Magenta (con sede a Milano), fondato intorno al 1870. Nel 1895, a causa delle spese sostenute per la Guerra d'Etiopia, l'Italia introdusse nuove imposte di fabbricazione sui fiammiferi. Giacomo De' Medici, per contrastare questi aumenti, fondò la "Società Anonima Fabbriche Riunite Fiammiferi" insieme ad altre dodici società del nord e centro Italia: Boschiero e Castaldi di Asti, Schiavoni e Ponzielli di Jesi, Pizzoli & Figli di Bologna, Bartolucci G. di Empoli, R. Ravegnani di Rimini, Luigi De' Medici di Piobesi Torinese, Causemille e Roche di Torino, Abbona e Romagna di Moncalieri, F.lli Taddei di Fucecchio, Giacomo De' Medici, Ambrogio Dellachà di Moncalieri, Baschiera Luigi di venezia, L. De Antoni & C. di Este. Questa fusione diede vita, 31 Dicembre 1898, alla S.A.F.F.A. (Società Anonima Fabbriche di Fiammiferi e Affini). Le altre piccole aziende non riuscirono a sopravvivere molto a lungo Sin dall'invenzione dei fiammiferi, iniziò la personalizzazione degli astucci per contenerli. Nel corso dell'800 iniziò anche una forma di collezionismo delle scatole dei fiammiferi con le loro etichette colorate e disegnate poi sostituite da pubblicità di prodotti, immagini per le Esposizioni Universali, immagini della Belle Epoque, ecc. La diffusione della cromolitografia diede poi inizio alla produzione di scatole con figurine a colori in serie.

    license:CC BY-SA 4.0

  • leonardo da vinci venezia - image 77

    title: Automobile Museo scienza tecnologia Milano 03054 02

    artist:

    Alfa Romeo (costruttore), Jano Vittorio (progettista), Zagato & C. (costruttore)

    date: between 1932 and 1932

    date QS:P571,+1932-00-00T00:00:00Z/10,P1319,+1932-00-00T00:00:00Z/9,P1326,+1932-00-00T00:00:00Z/9

    current location: institution:Museoscienza

    source: Museoscienza|idk=ST120-00419

    credit: Catalogo collezioni (in it). Museoscienza.org. Museo nazionale della scienza e della tecnologia leonardo da vinci, Milano.

    description: Autovettura sportiva con carrozzeria spider ed ampi parafanghi anteriori e posteriori, verniciata di colore rosso venezia; una capottina in tela a scomparsa è presente per la copertura dell'abitacolo. La carrozzeria comprende un vano motore anteriore, apribile su entrambi i lati, chiuso anteriormente da una calandra con rifiniture cromate. La vettura presenta due fanali anteriori, posti ai lati del radiatore e un fanalino di coda sul parafango sinistro. Il veicolo è equipaggiato con un motore ad 8 cilindri in linea, divisi in due monoblocchi sistemati uno di fila all'altro; il sistema di distribuzione è regolato da due alberi a camme azionati a cascata di ingranaggi, posta al centro dei due semiblocchi. L'alimentazione comprende un sistema di sovralimentazione costituito da un compressore volumetrico di tipo Roots. La trasmissione è basata su un frizione a secco a dischi multipli e su un cambio a quattro marce e retromarcia, comandato dalla leva centrale. Nella parte posteriore del veicolo si trova un piccolo vano portatta oggetti contenente le batterie per aviamento, nella parte esterna sono alloggiate le due ruote di scorta Il veicolo utilizza ruote a raggi tangenti con pneumatici Pirelli Stella Bianca, montate su sospensioni ad assale rigido con balestre longitudinali semiellittiche e ammortizzatori a frizione regolabili dall'abitacolo L'impianto frenante consiste in quattro freni a tamburo, con comando meccanico a pedale. L'abitacolo a due posti è situato in posizione posteriore rispetto al motore e comprende un sedile e rivestimenti interni in pelle di color marrone biscotto; il posto di guida, a destra, dispone di un cruscotto dotato dei quattro quadranti del tachimetro/contachilometri, del contatore del numero di giri, del manometro dell'olio e dell'indicatore del livello di benzina. L'abitacolo è protetto anterioremente da un parabrezza in vetro pieghevole, al quale è possibile agganciare la capottina quando è aperta.


    Notizie storico-critiche
    Questa potente e velocissima vettura ha avuto la particolarità di poter essere utilizzata sia come auto da gran turismo sia in versione da competizione. La 8c2300 è stata pilotata dai più grandi corridori dell'epoca, tra cui Nuvolari, Borzacchini, Brivio, Chinetti, Campari ed è stata vincitrice di tutte le principali gare su strada e su pista: dalla Mille Miglia, al G.P. d'Italia, alla 24 ore di Le Mans, al G.P. Monaco L'Alfa Romeo 8c 2300 è progettata da Vittorio Jano nel 1930 ed è una delle più prestigiose supercar della casa automobilistica di Arese Il nome deriva dal fatto che il motore è un 8 cilindri per una cilindrata complessiva di 2300cc Queste vetture furono prodotte in 195 esemplari, suddivisi in tre serie oltre ad una serie speciale per la Scuderia Ferrari. Nel 1932 il solo autotelaio costava 91.000 lire, l'equivalente di 10 balilla spider, a cui bisognava aggiungere i costi per realizzare la carrozzeria che spesso portavano a raddoppiare la spesa La casa madre forniva al cliente il telaio, che era disponibile in tre differenti varianti (telaio lungo, telaio corto o telaio Monza) con l'allestimento meccanico (avantreno, motore, cambio, trasmissione, retrotreno, serbatoio del carburante e ruote ). Mentre l'allestimento della carrozzeria e degli interni erano lasciati al gusto del cliente che si rivolgeva a carrozzieri specializzati Queste vetture sono classificate come delle one-off ovvero automobili costruite in esemplari unici che assecondano le esigenze tecniche ed estetiche del cliente. Spesso le 8C2300 furono affidate a grandi carrozzerie di Milano quali le carrozzerie Touring, Castagna e Zagato Allo scoppio della seconda guerra mondiale molti esemplari di questo modello di Alfa Romeo si trovavano in Europa, per cui alcune di queste preziose vetture andarono perdute. Delle 50 automobili 8c2300 prodotte della prima serie, solo 27 esistono ancora e sono oggetto di interesse per collezionisti ed appassionati Questo esemplare di 8c2300 spider con telaio corto e carrozzeria Zagato entra a far parte delle collezioni del Museo nel 1959, a seguito della donazione da parte dell'ing. Giorgio Sisini (fondatore del periodico La Settimana Enigmistica). La vettura esce per la prima volta dallo stabilimento dell'Alfa Romeo il 19 febbraio 1932, viene venduta a Leandro Arpinati di Roma per 91.000 lire, che la immatricola con la targa Roma 30065. Nel luglio del 1933 viene rivenduta all'Alfa Romeo per 50.000 lire e reimmatricolata con la targa MI 31776. Il 19 settembre 1933 viene acquistata da Eugenio Caminada di Genova. Il 10 settembre del 1934 torna di proprietà di Alfa Romeo che la rivenderà un mese dopo a Giorgio Sisini che la reimmatricolerà con la targa MI 31776.

    license:CC BY-SA 4.0

  • leonardo da vinci venezia - image 88

    title: Motoscafo da turismo modificato Museo scienza tecnologia Milano 05171 dia

    artist: unknown

    date: between 1940 and 1940

    date QS:P571,+1940-00-00T00:00:00Z/10,P1319,+1940-00-00T00:00:00Z/9,P1326,+1940-00-00T00:00:00Z/9

    current location: institution:Museoscienza

    source: Museoscienza|idk=ST120-00465

    credit: Catalogo collezioni (in it). Museoscienza.org. Museo nazionale della scienza e della tecnologia leonardo da vinci, Milano.

    description: Imbarcazione a motore con ossatura e scafo in legno, con carena a spigolo a basso "V" terminante a poppa con uno specchio di forma rettangolare. Lo scafo è completamente coperto da un ponte in legno a copertura del vano motore e dell'alloggiamento della carica, con l'eccezione dal pozzetto del pilota; la parte prodiera del ponte, a dritta, è parzialmente sezionata per consentire la vista dell'alloggiamento della carica esplosiva. Il pozzetto del pilota, dotato di un timone a tre razze, è situato all'estrema poppa, in posizione centrale, protetto da un alto bordo ricurvo; sul lato posteriore, il pozzetto è aperto per consentire al pilota di abbandonare il mezzo. Nella porzione prodiera del ponte è collocato un telaio tubolare, chiamato palmola, a sostegno di una carica detonante, il baffo. Il motoscafo è equipaggiato con un motore Alfa Romeo 6C 2500 a 6 cilindri in linea movente due eliche controrotanti a due e tre pale, montate su piede poppiere ribaltabile lateralmente per il superamento delle ostruzioni. All'interno della parte prodiera dello scafo era collocato l'esplosivo, costituito da 300 chilogrammi di tritolo innescato con una spoletta a doppia detonazione, a percussione e idrostatica.


    Notizie storico-critiche
    I barchini esplosivi, ufficialmente denominati M.T.M. (Motoscafo da Turismo Modificato), furono tra i mezzi d'assalto utilizzati dalla Regia Marina Italiana durante la Seconda Guerra mondiale. Si trattava di motoscafi leggeri all'interno dei quali, nella parte prodiera dello scafo, era sistemata una carica esplosiva; un solo pilota dirigeva il motoscafo verso il bersaglio e, dopo aver bloccato il timone, abbandonava il mezzo ad una distanza di circa 80 metri dall'obiettivo, rimanendo aggrappato al seggiolino galleggiante. Al momento dell'impatto, una serie di detonazioni squarciava lo scafo del barchino, favorendo il rapido affondamento della parte prodiera dove era situata la carica esplosiva da 300 chilogrammi di tritolo con innesco a pressione idrostatica; grazie all'azione della pressione marina sulla spoletta della carica principale, l'esplosione avveniva alla profondità preventivamente stabilita in base alle dimensioni della nave attaccata. In questo modo si voleva produrre il massimo danno possibile allo scafo del bersaglio, colpendolo al di sotto della linea di galleggiamento, solitamente rinforzata da spesse corazze in metallo. L'impiego degli M.T.M. in azioni militari non fu sempre coronato da successo, considerata la loro estrema vulnerabilità e la loro inefficacia in porti ben difesi per la mancanza di mezzi per l'apertura di varchi negli sbarramenti; il maggior risultato degli M.T.M. fu l'affondamento nel 1941 dell'incrociatore York, ottenuto da sei barchini esplosivi nella rada di Buda a Creta. Al termine della Seconda Guerra mondiale, nel 1948, la ditta Cattaneo vendette alcune unità ad Isreale. L'esemplare posseduto dal Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia "leonardo da vinci" è uno dei cinque ancora esistenti al mondo; gli altri barchini sono conservati a La Spezia, a venezia, a Malta e Tel Aviv.

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  • leonardo da vinci venezia - image 99

    title: Idroscivolante a catamarano Museo scienza tecnologia Milano 07976 dia

    artist: unknown

    date: between 1937 and 1937

    date QS:P571,+1937-00-00T00:00:00Z/10,P1319,+1937-00-00T00:00:00Z/9,P1326,+1937-00-00T00:00:00Z/9

    current location: institution:Museoscienza

    source: Museoscienza|idk=ST120-00498

    credit: Catalogo collezioni (in it). Museoscienza.org. Museo nazionale della scienza e della tecnologia leonardo da vinci, Milano.

    description: Idroscivolante con carena a catamarano, formata da due scafi paralleli, costituiti da una struttura in legno con fondo in doghe di cedro sovrapposte ad uno strato di compensato. Entrambi gli scafi presentano la prua rialzata e uno scalino a metà circa della loro lunghezza. A poppavia dello scalino di entrambi gli scafi è situato un pozzetto per i piloti, dotato di un volante a quattro razze ed un cruscotto con quattro quadranti circolari e protetto da un piccolo parabrezza in celluloide trasparente. L'idroscivolante è spinto da una propulsione aerea fornita da un motore aeronautico Wright R-975 Whirlwind a 9 cilindri radiali raffreddati ad aria, sorretto da un telaietto di collegamento tra i due scafi; i cilindri sono chiusi da una cofanatura ad anello, mentre la parte posteriore del motore è coperta da una carenatura aerodinamica in lamiera. Gli scafi presentano una verniciatura di colore rosso e riportano le bandiere di Italia e di Roma sui fianchi.


    Notizie storico-critiche
    La ricerca della velocità sull'acqua ha da sempre animato una vivace sperimentazione di nuove soluzioni progettuali, in particolare dopo l'avvento dei motori a combustione interna, propulsori leggeri e potenti capaci di aprire nuovi sviluppi. La progettazione degli scafi si è orientata verso la realizzazione di carene che limitassero il più possibile gli effetti della resistenza dell'acqua: dagli scafi solcanti si è passati alla carena planante, che permette di navigare ad alta velocità planando sulla superficie dell'acqua, dislocando un volume d'acqua minore di quello equivalente al peso dello scafo. Gli scafi plananti sono stati successivamente perfezionati con l'introduzione di uno o più redan, ovvero interruzioni nello sviluppo della carena con lo scopo di diminuire i punti di contatto tra lo scafo e l'acqua; sono stati elaborati scafi in cui i punti di contatto si sono ridotti a tre: il motore a poppa e due alette laterali. Con la sostituzione delle alette con due scafi affiancati, opportunamente profilati per consentire un'ottimale presa dell'acqua, si è giunti alla realizzazione dei catamarani. Nel primo decennio del 1900 vennero, inoltre, sperimentati i primi idroscivolanti a propulsione ad elica aerea, grazie alla quale veniva ridotta ulteriormente la resistenza dell'acqua. Negli anni precedenti alla Seconda Guerra mondiale si assistette ad un grande sviluppo degli idroscivolanti che adottavano la formula a catamarano con propulsione aerea; queste imbarcazioni, leggere e dotate di grande stabilità, si dimostrarono immediatamente adatte alla velocità e mieterono innumerevoli successi nei vari raid internazionali, come il raid Pavia-venezia o il Nastro Azzurro del Danubio. Se da un punto di vista sportivo gli idroscivolanti si dimostrarono un grande successo, da un punto di vista commerciale i risultanti non furono altrettanto brillanti: per raggiungere velocità elevate, infatti, dovevano contenere le dimensioni entro limiti non adeguati al trasporto di passeggeri; le caratteristiche di queste imbarcazioni, poi, richiedevano condizioni di navigabilità praticabili soltanto su acque interne; i motori, infine, consumavano ingenti quantità di carburante, tanto da divenire antieconomici. L'esemplare posseduto dal Museo della Scienza e della Tecnologia "leonardo da vinci", prima di entrare nelle collezioni del museo, appartenne al dott. Franco Venturi.

    license:CC BY-SA 4.0

  • leonardo da vinci venezia - image 10

    title: Pietra litografica Museo scienza tecnologia Milano 11310 01

    artist:

    S.A.F.F.A. (committente)

    date: between 1898 and 1925

    date QS:P571,+1500-00-00T00:00:00Z/6,P1319,+1898-00-00T00:00:00Z/9,P1326,+1925-00-00T00:00:00Z/9

    current location: institution:Museoscienza

    source: Museoscienza|idk=ST110-00739

    credit: Catalogo collezioni (in it). Museoscienza.org. Museo nazionale della scienza e della tecnologia leonardo da vinci, Milano.

    description: Pietra calcarea con superficie levigata e pareti ruvide. La superficie liscia è litografata. La pietra è sistemata su un espositore in legno La superficie litografata è suddivisa il 12 riquadri delle dimensioni delle etichette per le scatole di fiammiferi per le quali venivano stampate Le immagini nelle due colonne laterali rappresentano sei ritratti di giovani donne sullo sfondo di tavolozze da pittore con due pennelli Le immagini centrali rappresentano coppie di giovani donne o donne e uomo in diversi atteggiamenti: che leggono, che accudiscono bambina o neonato, che parlano, ecc.

    Funzione

    Pietra utilizzata come matrice da stampa. Utilizzata in torchio litografico. Utilizzata per stampare le immagini che venivano poi poste sulle scatole di fiammiferi della "S. A. Fabbriche Riunite Fiammiferi"

    Notizie storico-critiche
    La litografia è un procedimento di stampa con matrice in piano e venne elaborata da Alois Senefelder nel 1796 La tecnica consiste nel prendere una pietra calcarea (quindi porosa) compatta e omogenea, di spessore sufficiente affinché non si rompa durante l'uso del torchio per la stampa. Si leviga la superficie e si disegna, al contrario, l'immagine che si vuole stampare utilizzando una matita litografica composta da sostanze grasse o più in generale un inchiostro litografico con le stesse caratteristiche. Il carbonato di calcio che costituisce la pietra trattiene i grassi. Finito il disegno si sottopone la pietra ad un trattamento acido-gommoso (con un liquido detto "preparazione" costituito da acido nitrico, gomma arabica acidificata e acqua) che trasforma le parti della pietra non protette dall'inchiostro gommoso in nitrato di calcio, sostanza idrofila (che respinge l'acqua). Circa 24 ore dopo, con la trementina si toglie l'inchiostro litografico e con esso il disegno. La superficie della pietra non presenta né abrasioni né incisioni (matrice in piano) perché si è agito sulla struttura chimica della superficie. La matrice è pronta per la stampa. Si posiziona la matrice nel torchio litografico, si bagna, si inchiostra con un rullo di caucciù: l'inchiostro aderisce dove è rimasto il carbonato di calcio ovvero dove c'era il disegno e non dove c'è la sola pietra bagnata (nitrato di calcio). Si posiziona il foglio da stampare, si sovrappongono altri fogli ed un cartone e si comprime. Al termine si toglie il foglio e si mette ad asciugare. Il disegno prende la grana della pietra litografica che è più fine della grana del foglio di carta che si avrebbe se si disegnasse direttamente a mano. Successivamente Senefelder inventò anche il metodo autografico che permetteva di disegnare dritto e non alla rovescia La tecnica litografica permise di allargare il numero di artisti che potessero creare le matrici da stampa (con la tecnica incisoria molti meno erano in grado di realizzarle) e rese possibile la stampa a colori (cromolitografia) inventata da Godefroy Engelmann nel 1837 e utilizzata fino agli anni '40 del XX secolo. Inoltre con matrici litografiche era possibile stampare un numero di copie molto più alto che con matrici, ad esempio, ad acquaforte. Tecnica molto utilizzata per libri illustrati e per riproduzione di opere d'arte. In Italia la tecnica litografica viene introdotta attorno al 1805, a Roma, da G. Dall'Armi. Intorno al 1840 la lastra di pietra viene sostituita da una lastra di zinco o alluminio, materiali porosi, che permette l'uso di macchine pianocilindriche per la stampa. Un ulteriore sviluppo sarà poi la fotolitografia in cui si stampa un'immagine fotografica su una lastra di zinco sensibilizzata e poi si procede al trattamento chimico e quindi alla stampa Oggi la litografia è utilizzata in forme gestite da sistemi elettronici nella fabbricazione di circuiti integrati e di altri dispositivi a semiconduttori (litografia ottica, litografia a raggi X e a fascio elettronico) Questa pietra litografica era utilizzata dalla Dellachà di Moncalieri, già confluita nella S.A.F.F.A., per stampare le etichette da apporre sulle scatole dei cerini. Fu utilizzata fino a circa il 1925/1930 La produzione di fiammiferi iniziò in Italia nel 1828 con la fabbrica di cerini (dal 1835) e fiammiferi di S. Valobra a Napoli. Nacquero poi molti altri stabilimenti in tutta Italia, tra i quali il più grande quello di proprietà di Giacomo De' Medici di Magenta (con sede a Milano), fondato intorno al 1870. Nel 1895, a causa delle spese sostenute per la Guerra d'Etiopia, l'Italia introdusse nuove imposte di fabbricazione sui fiammiferi. Giacomo De' Medici, per contrastare questi aumenti, fondò la "Società Anonima Fabbriche Riunite Fiammiferi" insieme ad altre dodici società del nord e centro Italia: Boschiero e Castaldi di Asti, Schiavoni e Ponzielli di Jesi, Pizzoli & Figli di Bologna, Bartolucci G. di Empoli, R. Ravegnani di Rimini, Luigi De' Medici di Piobesi Torinese, Causemille e Roche di Torino, Abbona e Romagna di Moncalieri, F.lli Taddei di Fucecchio, Giacomo De' Medici, Ambrogio Dellachà di Moncalieri, Baschiera Luigi di venezia, L. De Antoni & C. di Este. Questa fusione diede vita, 31 Dicembre 1898, alla S.A.F.F.A. (Società Anonima Fabbriche di Fiammiferi e Affini). Le altre piccole aziende non riuscirono a sopravvivere molto a lungo Sin dall'invenzione dei fiammiferi, iniziò la personalizzazione degli astucci per contenerli. Nel corso dell'800 iniziò anche una forma di collezionismo delle scatole dei fiammiferi con le loro etichette colorate e disegnate poi sostituite da pubblicità di prodotti, immagini per le Esposizioni Universali, immagini della Belle Epoque, ecc. La diffusione della cromolitografia diede poi inizio alla produzione di scatole con figurine a colori in serie.

    license:CC BY-SA 4.0

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